La notte fra il 23 e il 24 giugno è da sempre considerata una notte magica. Notte propiziatoria e favorevole agli incantesimi, in cui alla licenziosità s’intrecciava la credenza che le forze della natura, durante la vigilia, raggiungessero il loro culmine, aiutando ogni sorta di magia e sostenendo ogni desiderio. La notte di San Giovanni è forse la notte più incredibile dell’anno, celebrata da centinaia d’anni con riti ed usanze popolari è di origine pagana, commemorata già dai romani dei primi secoli, dove culti ed incantesimi si mescolano sotto la luce delle stelle.
Con l'affermarsi del Cristianesimo le feste pagane solstiziali, non potendo essere soppresse per il loro forte radicamento fra la gente, furono, almeno in parte, cristianizzate.
Nel passaggio al cristianesimo, le antiche celebrazioni solstiziali estive furono fatte coincidere con la festa di San Giovani Battista, il 24 giugno, mentre quelle invernali alla data dedicata all’altro Giovanni, l’Evangelista, festeggiato il 27 dicembre.
I due Giovanni, nuovi “guardiani” delle porte solstiziali, andarono così a sostituire le due identità di Giano, ed è impossibile non notare l’assonanza suggestiva tra i nomi di Janus (Giano) e Joannes (Giovanni). La festa del Solstizio d'estate venne consacrata a Giovanni Battista che, secondo il Vangelo di Luca, era nato sei mesi prima di Cristo. La non coincidenza tra il 21 e il 24 giugno è probabilmente dovuta a diversi fattori: innanzitutto il fatto che in epoche remote i calendari non facevano riferimento al Sole ma alle stelle fisse e dunque sempre alle stesse costellazioni, nonostante il moto di precessione. Inoltre, va rimarcato che le celebrazioni del solstizio non duravano un solo giorno, perché in effetti la percezione del sole allo Zenit permane per tre o quattro giorni.
Il fatto che la Chiesa abbia scelto proprio i giorni delle feste solstiziali per ricordare due tra i santi più importanti, indica comunque quanto queste fossero profondamente radicate nella popolazione.
L’attrazione di molti, però, cade proprio sulla notte che precede la festività: un momento magico, pieno di suggestioni e consuetudini, in cui la fede si intreccia con le credenze popolari.
Secondo la tradizione pagana, di contro, è considerata la Notte delle streghe, un momento carico di ritualità magiche e di riti d’amore. Tra malocchio, portafortuna e falò purificatori.
La Festa di San Giovanni cade dopo il solstizio d’estate quando, secondo tradizione, il Sole e la Luna si sposano donando forza e vigore a tutte le creature.
Si pensa che riaffiorino energie mistiche e divinatorie. Ed è per questo che quella che precede la ricorrenza è considerata la notte dell’impossibile, dei prodigi e delle streghe. Si dice che porti con sé tantissime tradizioni e riti magici che ancora oggi si intrecciano, alimentando e rendendo più affascinante la cultura popolare intorno a questa festa.
I Celti, che usarono sicuramente il sito di Stonehenge, erano soliti festeggiare il Solstizio d'estate con riti in cui il fuoco, simbolo del Sole, era l'elemento fondamentale: nella notte del solstizio si accendevano fuochi sulle colline per scacciare gli spiriti maligni in una celebrazione chiamata Lithia. Si sacrificavano sui falò animali e forse, come narrano Strabone e Cesare, si facevano anche sacrifici umani. Arriano racconta che i cacciatori celti offrivano in quel giorno un sacrificio annuale ad Artemide (Diana), dea della caccia, nel giorno del suo compleanno. E per secoli in molte zone dell'Inghilterra la sera di San Giovanni si è continuato a simulare una caccia fantasma in onore di Diana. Nella notte del solstizio si raccoglievano erbe in grado di proteggere e allontanare gli spiriti maligni, come Vischio e Artemisia (Artemisia vulgaris: deve il suo nome ad Artemide).
In questo particolare periodo dell’anno, la natura raggiunge il suo massimo splendore, e per proteggere il raccolto da eventi metereologici avversi, era necessario un rituale propiziatorio che tenesse le colture al riparo da temporali, grandinate e siccità. Secondo una delle varie leggende legate a questa ricorrenza, durante la notte tra il 23 e il 24 giugno, gli Dei facevano passare i nuovi nati sotto forma di rugiada: si crede che durante questa notte i fiori siano colpiti da una particolare forza ed è per questo che si prepara l’acqua di San Giovanni.
La notte di San Giovanni è anche celebre e resa ancor più magica dai suoi mille fuochi, che si accendono in tutta Europa, tradizione antichissima tramandata dai Fenici che adoravano il dio Moloch. L’accensione dei falò è un’usanza che ancora oggi illumina la sera della festa di San Giovanni.
Concludendo con le feste del solstizio si assisteva alla glorificazione dell’acqua, simbolo della fecondità e della purificazione e vede San Giovanni protettore dalle influenze malefiche, assicurando la rinascita della luce.
Il fuoco, come l’acqua, secondo tradizioni diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo, è ritenuto un simbolo di fecondità e di rigenerazione, un elemento che proviene dal sole, divenendone la sua rappresentazione sulla terra. In molti degli antichi riti agrari i falò, le braci e la cenere erano ritenuti in grado di favorire la crescita delle messi e il benessere di uomini e di animali. Reminiscenze di queste antichissimi riti propiziatori della fertilità si mantennero vivi anche dopo la cristianizzazione della festa
Oltre al fuoco nel folklore europeo nella notte di San Giovanni, come abbiamo detto, quindi, era presente anche l’acqua, in quanto elemento purificatore.
Essa rivestiva un ruolo molto importante nei riti propiziatori e scaramantici.
Notte indicata per trarre auspici, a Roma, in particolare, per prevedere il futuro, era diffusa tra le ragazze l’usanza di porre sotto il guanciale le cosiddette “erbe di San Giovanni”, legate in mazzetto in numero di nove, tra queste indispensabile era l’iperico, che si diceva fosse in grado di far sognare “il volto del futuro sposo”.
Sempre a Roma, si credeva che in questa notte incantata la felce fiorisse e sfiorisse diventando nelle mani di chi l’avesse colta un potente talismano. E ancora, che le acque si tramutassero in sostanze preziose e che gli animali favellassero, mentre era possibile vedere in cielo il passaggio delle streghe dirette al noce di Benevento per la più celebrata fra le tregende.
Al falò, apice della festa, si attribuivano numerose virtù benefiche, tra cui quella di trasformare una cipolla cotta sulle sue braci in un formidabile rimedio contro la febbre e i vermi intestinali.
A più riprese le autorità pontificie pubblicarono bandi per censurare gli aspetti più ludici, trasgressivi e superstiziosi del baccanale estivo ma, nonostante ciò, la festa dei falò e della guazza si mantenne viva nel cuore del popolo romano sino agli inizi del Novecento, quando incominciò a conoscere un lento quanto inesorabile declino, almeno nei suoi aspetti “pagani”.
Lontani echi dell’antichissima tradizione si riflettevano in usanze popolari romane attestate ancora nel XIX secolo, come le “spighette” riposte nella biancheria e il “garofoletto” ossia un piccolo fiore che veniva benedetto quel giorno durante la messa, e altri rituali scaramantici come, ad esempio, quelli compiuti per proteggere l’abitazione dalle “streghe” (versare un po’ di sale sulla soglia, incrociare le scope, recitare alcune giaculatorie).
Nel XVIII secolo a Roma, sulla piazza di San Giovanni e su, fino a Santa Croce in Gerusalemme “si accendevano grandi fuochi intorno ai quali il popolo ballava in ridda come scongiuro contro gli stregoni”, mentre nel corso della magica notte “era di prammatica bagnarsi il corpo nella fontana che era stata eretta nel 1588 insieme all’obelisco”, e per le giovani spose che desideravano avere molti figli, sollevarsi le vesti e sedersi sull’erba umida di rugiada (la guazza) dei prati davanti alla basilica per un intimo lavacro propiziatorio.
Ultimo tentativo di riesumare la festa di mezza estate fu l’organizzazione di un evento canoro nel 1891 a Piazza San Giovanni, adornata per l’occasione di lumi colorati e gremita di bancarelle, sui cui banconi oltre alle classiche leccornie, facevano bella mostra i famosi campanelli in terracotta di Arpino, usati per allontanare le “streghe”.
A Roma e nei domini della Chiesa era diffusa pratica esporre sui davanzali, sui balconi o in luoghi all’aperto, delle ‘bagnarole’ piene d’acqua perché si credeva che il Santo, passando nottetempo, le avrebbe benedette.
Le contadine della Russia orientale si bagnavano nel giorno di San Giovanni, immergendosi insieme con un fantoccio che alcuni studiosi suppongono dovesse rappresentare il santo, mentre in Germania le donne erano solite uscire la mattina presto per lavarsi il corpo con la prima rugiada e rotolarsi nude sui prati. In Normandia era costume ruzzolare nudi sull’erba umida di rugiada per ringiovanire la pelle e preservarla dalle malattie e anche per far crescere i capelli.
Nella notte di San Giovanni, la rugiada, che inumidisce i prati, acquista miracolose facoltà rigenerative e rotolarsi nell’erba bagnata renderà il fisico scattante, vigoroso ed attraente. Questo rituale dicono che sia miracoloso per guarire quanti soffrono di reumatismi. L’acqua della notte di San Giovanni, con cui si soleva lavarsi all’alba, al pari del fuoco nella concezione magica tradizionale, si riteneva avesse il potere di liberare dalle scorie del passato e preparare a una nuova vita.
Secondo una tradizione presente in tutta la penisola, le erbe raccolte la notte di San Giovanni avrebbero posseduto le loro virtù al massimo grado. Che il momento più propizio per raccogliere determinate erbe officinali coincida con la notte di San Giovanni, oggi non è più ritenuta una sciocca superstizione popolare, né tanto meno diabolica, come al tempo della caccia alle streghe, quando donne sapienti, fattucchiere, guaritrici ed herbarie (o erbane) si recavano nei campi e negli orti per fare incetta di iperico, ruta e artemisia, come risulta dai documenti dei tribunali che le portarono a giudizio con l’accusa di essere al servizio del Diavolo.
Le domine herbarum erano ben consapevoli che le erbe come l’iperico, la salvia, la ruta, il prezzemolo, raggiungevano il loro tempo balsamico, cioè il momento di maggior concentrazione del loro principio attivo, in specifici periodi dell’anno, come la notte tra il 23 e il 24 giugno, ideale per la raccolta delle più comuni e usate piante della farmacopea popolare già citate, oltre alle felci, all’artemisia e alla savina (erba demonifuga).
La notte di San Giovanni (tra il 23 ed il 24 giugno) è, ancora oggi, usanza credere che alcune erbe raccolte bagnate di rugiada diventano prodigiose e celebrare un rituale che si divide in varie fasi, ognuna di esse può ispirare alcuni stati d’animo:
- Raccolta delle piante: conoscenze e rispetto; - Esposizione dell’acqua alla notte: abbandono e fiducia. - Bagno con l’acqua di San Giovanni: purezza e rinascita.
Le erbe più note e ricercate della notte del solstizio sono:
- la lavanda,
- l’iperico chiamato anche scacciadiavoli, considerato un vero e proprio amuleto, – noto anche come “erba di San Giovanni”-, un tempo usato per cicatrizzare le ferite,
- l’artemisia detta anche assenzio volgare ritenuta erba con poteri anticancro, consacrata a Diana-Artemide, che protegge dai malocchi.
- la verbena simbolo di pace e di prosperità,
- il ribes i cui frutti rossi proteggono dai malefici (come le rosse bacche dell’agrifoglio a Capodanno),
- la ruta per le sue note proprietà magiche celebre per le sue proprietà contro lo stress e l’ansia, tonificante per le arterie e vasi capillari e che ha il potere di ridurre l’infiammazione dell’artrite,
- la menta rimedio contro l’influenza,
- la salvia usata contro il mal di pancia,
- il rosmarino per contrastare le calvizie, e per ultimo ma non ultimo,
- il proverbiale aglio: “Chi non prende aglio a San Giovanni, è povero tutto l’anno”.
Si riteneva in particolare che l’energia solare si raccogliesse in alcuni fiori particolarmente divini come l’iperico, oggi considerata la miracolosa “erba di San Giovanni”.
(Si possono trovare e raccogliere anche i fiordalisi, i papaveri, le rose o la camomilla, in base alle fioriture presenti nel proprio territorio.)
Dopo il tramonto le erbe raccolte vanno messe in acqua e si lasciano all’esterno per tutta la notte a cavallo tra il 23 e il 24 giugno, così che possano assorbire la rugiada del mattino e acquisire proprietà magiche/curative.
Si crede infatti che durante la notte di San Giovanni cada la rugiada degli Dei, capace di influenzare piante e fiori donando loro una particolare forza: il solstizio d’estate sarebbe la porta attraverso cui gli Dei fanno passare i nuovi nati, proprio sotto forma di rugiada.
La mattina del 24 giugno, l’acqua di San Giovanni si utilizza per lavare mani e viso, in una sorta di rituale propiziatorio e di purificazione per ricevere amore, fortuna e salute.
La tradizione, inoltre, narra che l’acqua di san Giovanni fosse utile per far ricrescere i capelli, favorire la fecondità, curare la pelle ed allontanare le malattie.
La notte di San Giovanni è soprattutto una notte colorata d’Amore: perché il 24 giugno è considerata la data più propizia ai matrimoni, numerosissimi sono i “rituali” di previsione sentimentale che le ragazze prive di fidanzato possono provare a eseguire esattamente a mezzanotte.
Esseri umani, animali, piante e anche semplici oggetti di uso quotidiano, dovevano partecipare al generale rinnovamento mentre, analogamente a quanto accade in altri passaggi cruciali dell’anno, semplici attività si caricavano di significati particolari.
A San Giovanni era poi tradizione acquistare o procurarsi dell’aglio, per propiziare un anno di salute e di prosperità. Per favorire la ricchezza, inoltre, si raccomandava di cogliere alla mezzanotte un ramo di felce e di tenerlo in casa.
Con queste erbe si possono confezionare mazzetti da appendere alla porta di casa, oppure da mettere sotto il cuscino per evocare sogni profetici.
Altra tradizione assai diffusa era la raccolta della drupa verde delle noci per preparare il nocino, liquore assai celebrato per le sue proprietà, ma che nella sua lavorazione bisognava prestare grande attenzione a non usare attrezzi di metallo.
Questi antici riti sono legati al solstizio d’estate: nel giorno più lungo dell’anno la natura giunge al massimo splendore ma, nonostante la forte rinascita, bisogna prestare attenzione agli eventi sfortunati come siccità, forti temporali o malattie delle piante, che rovinerebbero i raccolti. Per evitare queste situazioni nefaste nelle campagne si facevano falò propiziatori, che rappresentavano il sole e si preparava appunto l’acqua di San Giovanni per raccogliere la rugiada, che simboleggia la Luna.
Un tempo di cambiamento e rinnovo della terra e degli uomini, tempo magico di usanze che si perdono nei meandri dei culti antichi e della stregoneria. Riti che ancora oggi ci accompagnano nel passaggio dal freddo inverno ala calda estate, dalla tristezza alla gioia, dal buio alla luce.
Secondo la tradizione italiana, nella notte della vigilia della Festa di San Giovanni Battista – 24 giugno – le streghe si recano in volo verso il Grande Noce dell'Eremo di Tizzano (a Casalecchio di Reno) per celebrare il grande Sabba, cioè l'incontro con Satana.
Se durante il viaggio si sentivano stanche era usanza, da parte della gente del luogo, per impedire loro l'accesso alle case, apporre sulla soglia le erbe di San Giovanni: aglio, artemisia, iperico, lavanda, ruta e verbena. Il passaggio delle streghe era visibile fino a mezzanotte, dopodiché, con l'inizio della Festa di San Giovanni, le streghe erano costrette a scomparire.
Sebbene la notte di San Giovanni, meglio conosciuta come la “notte delle streghe”, abbia cessato di essere una festività ufficiale nel 1872, rivive ancora oggi nella tradizione popolare di molte regioni italiane, tra cui l'Emilia-Romagna.
I connotati magici di questa ricorrenza hanno origini remote: nelle giornate del solstizio d'estate, quando il Sole raggiunge la declinazione massima rispetto all'equatore celeste, tutte le erbe e le piante sulla terra, bagnate dalla rugiada, erano intrise di una potenza nuova.
Ecco perché la notte di San Giovanni è il momento ideale per bruciare le vecchie erbe e piante nei falò e raccogliere quelle nuove da impiegare nelle future operazioni magiche, accendere focolari propiziatori per allontanare il Maligno e proteggere i campi, raccogliere dall'albero le noci ancora immature per preparare il miglior nocino, mangiare le lumache con tutte le corna per distruggere le avversità e apporre sotto il guanciale un mazzetto di erbe di San Giovanni per avere sogni premonitori.
In questa notte, ancora oggi, una delle usanze popolari è posare di fronte alla soglia di casa un mucchietto di sale o una grande scopa per proteggersi contro l’intrusione delle streghe.
Come abbiamo detto quindi, rametti e fiori raccolti, nella notte di San Giovanni, si possono intrecciare in corone (nella Grecia di oggi, invece, le corone di più varietà di fiori -max 9- si intrecciano il giorno 1 Maggio e si bruciano per il 24 giugno) oppure immergere in un recipiente con dell'acqua, da porre all'esterno dell'abitazione per tutta la notte in modo che possano assorbire la rugiada del mattino, che, secondo la tradizione, riuscirebbe a dare all'acqua poteri purificatori e curativi proteggendo da malattie, sfortuna ed invidia. Con questa acqua poi, il giorno di San Giovanni, lavare mani e viso per poterne sfruttare appieno i poteri. Solo leggenda e superstizione? Nel dubbio, non resta che provare!
Buon San Giovanni a tutti!
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